Pensione minima: come funziona e tutti gli aggiornamenti

Cos’è la pensione minima? Come funziona la pensione minima? A chi spetta la pensione minima? Quali sono le novità riguardo la pensione minima? Lo scopriamo in questo articolo.

Pensione minima cos’è

Cos’è la pensione minima? L’integrazione al trattamento minimo, conosciuta anche come pensione minima, è stata introdotta dalla legge 638/1983 (nello specifico all’articolo 6) per sancire il diritto di ricevere una pensione sufficiente a garantire una vita dignitosa. Ossia che vada oltre il limite sotto il quale si ritiene che una persona viva in povertà.

Pertanto, se hai versato dei contributi, ma la tua pensione va al di sotto di un determinato limite corretto di anno in anno, riceverai dall’INPS un assegno integrativo della pensione, al fine di migliorare la tua condizione economica. Il calcolo dell’importo della pensione minima si basa sul proprio reddito e quello del proprio coniuge nel caso in cui si fosse sposati.

Occorre però dire che la pensione minima è un diritto che spetta a quanti si sono iscritti all’Inps prima del 31/12/1995. Quanti si sono iscritti alla previdenza INPS dopo questa data, non possono più beneficiare di tale integrazione al minimo.

Il diritto alla pensione minima spetta a tutti i titolari di pensione (uomini e donne indipendentemente dall’età) ma il cui importo è al di sotto di determinate soglie, stabilite annualmente dall’INPS e che variano a seconda che tu sia single o coniugato.

Pensione minima requisiti

Quali sono i requisiti per ottenere una pensione minima? Essa matura a prescindere da quanti anni di contributi sono stati versati (se 10, 15 o 20) e da quanti anni di lavoro effettivi si siano svolti. L’unico requisito riguarda il fatto di essere già titolari di una pensione, che necessita di essere integrata.

Pensione minima e assegno sociale differenze

Qual è la differenza tra pensione minima e assegno sociale? Le due misure di contrasto alla povertà possono essere facilmente confuse. Ma ci sono delle differenze. Nel caso in cui si è del tutto privi di contributi non spetta né la pensione né l’integrazione, ma solo il diritto all’assegno sociale. Il quale spetta pure agli stranieri legalmente residenti in Italia da almeno 10 anni.

L’assegno sociale è una prestazione economica, erogata solo su richiesta, dedicata ai cittadini italiani e stranieri in condizioni economiche considerate disagiate dalla legge e con redditi inferiori alle soglie previste annualmente dalla stessa. Dal primo gennaio 1996, l’assegno sociale ha sostituito la pensione sociale.

Il pagamento dell’assegno sociale inizia dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda. Inoltre, il beneficio ha carattere provvisorio e la verifica del possesso dei requisiti reddituali e di effettiva residenza avviene a cadenza annuale.

L’importo dell’assegno sociale è pari a 453,00 euro per tredici mensilità. Per l’anno 2018 il limite di reddito è pari a 5.889,00 euro annui e 11.778,00 euro, se il soggetto è coniugato.

Hanno diritto all’assegno in misura ridotta i soggetti non coniugati che hanno un reddito inferiore all’importo annuo dell’assegno e i soggetti coniugati che hanno un reddito familiare compreso tra l’ammontare annuo dell’assegno e il doppio dell’importo annuo dell’assegno.

Infine, occorre anche sottolineare che l’assegno non è soggetto alle trattenute IRPEF.

Assegno sociale importo

Qual è l’importo dell’assegno sociale? Il valore massimo dell’integrazione è pari a 501,89 euro mensili (a dicembre il doppio per la tredicesima).

L’importo cambia però da caso a caso a seconda del proprio status sociale di single o coniugato:

Single

  • Misura piena pari a 501,89 euro mensili: se il tuo reddito annuale non supera i 6.524,57 euro
  • Misura parziale: se il reddito annuale è compreso tra 6.524,57 e 13.049,14 euro. L’importo spettante è pari alla differenza tra l’importo massimo di 13.049,14€ e il tuo reddito attuale.

Non si ha diritto all’assegno se il tuo reddito annuale supera i 13.049,14 euro.

Coniugato

In caso di persone coniugate, la pensione minima è prevista solamente se viene superato un “doppio sbarramento”. Vale a dire se non vengono superati i limiti reddituali personali e non si superino i limiti reddituali coniugali. Ecco i due casi che possono venirsi a verificare:

  • Misura piena: 501,89 euro mensili: se il tuo reddito annuale non supera i 6.524,57 euro e quello coniugale non supera i 19.573,71 euro
  • Misura parziale: se il tuo reddito annuale è compreso tra 6.524,57 e 13.049,14 euro e quello coniugale è compreso tra 19.573,71 euro e 26.098,28 euro. L’importo scaturisce dal doppio confronto tra limite massimo personale e quello effettivo personale e tra limite massimo di coppia e quello effettivo di coppia.

In entrambi i casi, single o coniugato, la pensione dovuta che già si percepisce e l’importo integrativo della pensione minima verranno erogate in un unico importo mensile.

Pensione minima avvocati

Nel caso degli avvocati, l’istituto previdenziale a cui devono far riferimento è la Cassa Forense. All’art.5 del Regolamento per le Prestazioni Previdenziali è stabilito che, qualora la propria pensione annua sia minore a 10.160 euro, si ha diritto ad un’integrazione fino al raggiungimento di detto importo. Importo che viene rivalutato annualmente sulla abse ISTAT.

Quando si richiede l’integrazione, occorre allegare un’autocertificazione in cui si dichiara che, oltre alla pensione inferiore a 10.160 euro, anche il reddito complessivo coniugale non deve superare i 30.480 euro annui.

In tal caso, occorre ripetere la domanda di integrazione ogni tre anni.

Pensione minima geometri

Altro caso particolare riguarda la professione dei geometri. Se si è iscritti alla cassa di previdenza dal 01/01/2006 non si ha diritto ad alcuna integrazione al minimo. Per i geometri iscritti in data antecedente si applicano le regole analoghe a quelle INPS.

Pensione minima, cosa sono i diritti inespressi

La pensione minima rientra tra i cosiddetti diritti inespressi. Cioè quei diritti che, senza una esplicita richiesta, non vengono riconosciuti in maniera automatica. Quindi, se l’interessato non ne fa esplicita richiesta, il diritto viene ignorato.

Rientrano tra i diritti inespressi:

  • l’assegno per il nucleo familiare (dipendenti)
  • l’assegno familiare (autonomi)
  • l’integrazione al trattamento minimo
  • le maggiorazioni sociali
  • la maggiorazione per ex combattenti
  • la 14esima mensilità
  • l’aumento al “milione” di lire
  • le prestazioni a favore degli invalidi civili
  • il supplemento di pensione, insorto dopo il pensionamento

I diritti inespressi vanno in prescrizione dopo 5 anni. Quindi, prima che scada il quinquennio, è possibile recuperare le somme spettanti e mai percepite nel quinquennio precedente.

Pensione minima: novità

Come ogni misura, anche la pensione minima nel corso degli anni ha subito vari ritocchi in base ai tanti governi susseguitisi e alle relative finanziarie varate. Occorre quindi prestare molta attenzione perchè la normativa cambia in base all’anno in cui è cominciata l’erogazione della pensione:

  • Pensioni erogate fino al 31 dicembre 1993: si considera solo il reddito personale del pensionato / della pensionata, senza guardare a quello del coniuge, il reddito non deve essere superiore al doppio dell’importo minimo INPS dell’anno in corso (calcolato sul totale delle mensilità erogate)
  • Pensione erogata tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 1994: come sopra il reddito personale non deve essere superiore a due volte l’importo minimo annuale, ma nel caso che il pensionato / la pensionata sia coniugato/a allora si considera il reddito coniugale che non deve essere più elevato di cinque volte il totale annuo del trattamento minimo INPS
  • Pensioni erogate dal 1 gennaio 1995: come sopra, ma in caso di reddito coniugale non si deve superare il quadruplo del minimo INPS; insomma è stato abbassato il limite per i pensionati

Pensione minima come fare domanda

Come presentare domanda all’INPS per ottenere la pensione minima? Si può fare presso qualunque sede INPS previdenziale, oppure tramite raccomandata A/R, o ancora con l’aiuto di un patronato. Si può fare al momento della domanda di pensione o in seguito quando già la si prende, in ogni caso occorre inserire anche una dichiarazione reddituale attestante i redditi percepiti nello stesso anno durante il quale viene erogata la prestazione.

Altre misure sociali per la pensione

Oltre alla pensione minima, Inps prevede altre misure sociali per integrarla. Ai titolari di pensione minima INPS e ai pensionati che hanno un reddito da pensione pari all’importo della pensione minima, spetta anche l’importo aggiuntivo erogato insieme alla tredicesima. Occorre però anche rispettare determinati requisiti di reddito Irpef.

Ancora, i pensionati che dal 2002 hanno avuto la maggiorazione a un milione di lire, vale a dire 516 euro, hanno diritto ad una pensione da 638,83 euro (1.236.947 di lire) in virtù della maggiorazione da 136.44 euro.

Possono avere questa maggiorazione i titolari di pensione d’inabilità con almeno 60 anni (cioè gli invalidi civili al 100%), o tutti gli altri pensionati (lavoratori dipendenti o autonomi) che abbiano almeno 70 anni di età. In entrambi i casi con reddito annuo massimo di 8.389,57 euro se soli, 14278.55 euro se coniugati.

Per ogni 5 anni di contributi versati si abbassa di un anno l’età anagrafica minima previsa. Ci sono maggiorazioni parziali a partire dai 60 anni.

Infine, è prevista un’altra maggiorazione sulla pensione che viene erogata una volta l’anno: appannaggio di quei pensionati con un reddito che non superi una volta e mezza la pensione minima. Occorre aggiungere che dal 2017 è stato alzato il limite massimo di reddito per ottenerla e anche aumentato l’importo.

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